- Considerazioni, verifiche, ricordi -
Nel rileggere l’articolo che ho scritto in occasione dell’inaugurazione del Convento del Carmine, rinasce in me la grande passione avuta per questo monumento: “La presenza di una fittissima vegetazione spontanea infestava il tutto.. demoliva le volte.. si infiltrava nelle sconnessure della pietra.. ricopriva ogni cosa.. con violenza e pietà nel contempo”.
Così in un primo impatto mi appariva il Convento.
Ripensavo, stranamente, all’opera Le pietre di Venezia di John Ruskin : “.. Vorrei sforzarmi di tracciare le linee di questa immagine, prima che scompaia per sempre e di

raccogliere, per quanto posso, il monito che si sprigiona da ogni onda … quando si frange contro le pietre di Venezia”.
Questo ideale ha da sempre guidato e accompagnato il mio lavoro di restauro.
Oggi di quella passione rimane l’amore; è solo un ricordo ciò che allora mi appariva drammatico, difficile, problematico che se coinvolgente. L’opera ormai conclusa appartiene alla comunità, essendo diventata un riferimento culturale non solo per i nostri concittadini, ma anche per i numerosi turisti che ogni anno la visitano. E’ un bene culturale della nostra città e del nostro territorio.
Questa coscienza di appartenenza del bene culturale alla comunità si è lentamente formata ma bisogna in ogni caso continuare a sostenerla.
Resta sempre attuale la Dichiarazione di Amsterdam : “Il patrimonio architettonico sopravviverà solo se sarà apprezzato dal pubblico ed in particolar modo dalle nuove generazioni…”
Trascorsi otto anni, la destinazione e la realizzazione del Carmine rimangono tuttora ispirate alla Carta di Venezia : “La conservazione dei monumenti è sempre favorita dalla loro utilizzazione in funzioni utili alla società: una tale destinazione è augurabile, ma non deve alterare la distribuzione a l’aspetto dell’edificio. Gli adattamenti pretesi dell’evoluzione degli usi e dei costumi devono dunque essere contenuti entro limiti”.